METACOSE, GIORNALAI, SVILUPPERS, DISCUSSIONI ALLUCINANTI E ROBE ITALIANE CHE ANCHE BASTA



Si è chiuso il 2015 ed è stato tempo di bilanci nel mondo dei videogiochi. Metacritic, come da tradizione, ha tirato giù le sue classifiche e pubblicato una lista dei migliori e dei peggiori giochi trattati sul sito. La discussione calda dell'ultimo minuto, qualche giorno fa, era legata alla presenza di un gioco italiano all'interno della seconda. Uno spunto fantastico per parlare di un milione di cose.
La prima roba da fare visto l'argomento, consiste in un paio di disclaimer necessari per mettersi al riparo da una vagonata di idioti che per una serie di motivi (che diremo poi) sicuramente avranno qualcosa da ridire. ENKI, il gioco in questione per chi non avesse seguito, è stato sviluppato da Storm in a Teacup, lo studio che ho fondato nel 2013 con un paio di altri e che salutato a settembre vendendo le mie quote. Questo giusto per dire che oggi, tutto questo può dispiacermi a livello personale ma non mi sposta poi troppo, non avendo più legami di alcun tipo con la società e nessun interesse nel difenderla da qualcosa (cosa che tra l'altro non farò, perchè non c'è poi niente da difendere). La seconda è montare questo post suddividendo l'analisi in diverse parti, perchè parlare di ENKI tra i più brutti giochi del 2015 secondo Metacritic è una cosa che vuol dire poco, uno strillo da rivista (che ci sta) e poco di più. La vorrei prendere un po' più larga, insomma. Per cominciare ci sono da evidenziare proprio i punti di vista differenti di cui vorrei parlare: c'è quello di uno studio di sviluppo che fa un gioco e di dinamiche tipiche di un'industria, quello della stampa tra recensioni di ieri e strilli di oggi e quello del pubblico che recensioni e strilli li ha letti e ha detto cose. E poi ci sono i contesti, lo spazio tempo, le cose fatte e dette in certi momenti, in funzione di certe situazioni. E le persone. Che fanno e dicono, che sono comunque importanti. Parto quindi dalla questione corporate, che (evidentemente) giornalisti e pubblico ignorano per tanti motivi. Storm in a Teacup è, dati alla mano, un'azienda di successo. Quando è stata fondata nel 2013 c'era un progetto molto chiaro che prevedeva lo sviluppo di un prodotto senza alcun aiuto esterno, autofinanziato, in un anno di tempo.


Di ciò che è accaduto ho parlato tante volte in giro per fiere, sui forum, sui siti di tutto il mondo. Quello che doveva essere è cambiato: NERO è diventato un'esclusiva Microsoft e tutto quello che è arrivato dopo è stato magnifico professionalmente ed epico per quella che è la situazione sviluppo in Italia. Siamo stati usati come sample in giro, per ambienti istituzionali e non, per quello che è stato fatto. Forse sfugge un po', ma essere presentati a porte chiuse all'E3, unico gioco della line-up indie di Xbox, tra l'ufficio di Phil Spencer e la saletta di Halo non è una cosa che capita tutti i giorni. E che non sanno fare tutti. Fino all'ultimo minuto abbiamo rischiato di essere sul palco, come è avvenuto con gli indie nell'edizione 2015 della conferenza, con titoli molto più modesti in termini di produzione. Mi sono sempre domandato cosa sarebbe accaduto, se fossi stato 2 minuti su quel palco, all'epoca. Questo giusto per citare una delle cose successe, la prima, la più importante. Ma è stato un anno di questo tenore. Perchè si, alla fine, un anno è stato quello impiegato per la release su One del gioco. Quello avevamo detto, quello è successo. Essere reliable era la chiave e noi lo siamo stati. Il più grosso problema di ogni studio nuovo e in generale degli indie, è parlare di cose di cui non si ha idea "usciremo su PlayStation 4, Xbox One, PC e WiiU" senza sapere che immenso dito in culo sia solo gestire i rapporti con un platform holder, prima di sviluppare. Lasciando da parte poi quelli tecnici veri, poi, che uno può conoscere solo dopo averci sbattuto le corna. Abbiamo detto che NERO sarebbe stato pronto in 12 mesi e puntualmente abbiamo consegnato. Nessuno in Italia, a prescindere dalla dimensione del progetto e dello studio, ci era riuscito. E quando dico nessuno, intendo veramente nessuno. Forti di tutto questo, della credibilità ottenuta, dei numeri, di tutto il resto, a un certo momento, come era ovvio che fosse, abbiamo iniziato a pensare a cosa sarebbe accaduto dopo. In uno studio di sviluppo una cosa che non deve mai mancare sono i concept ovviamente. Noi ci trovavamo finalmente nella posizione di essere ascoltati e dovevamo prendere delle decisioni, valutando cosa accadeva intanto intorno alla nostra azienda (discorsi corporate, soldi, sviluppi vari). C'erano due opzioni. La prima prevedeva lanciarsi nel prototipare una delle mille idee NERO-like (con tempi di sviluppo dai 12 mesi in su). La seconda prevedeva prototipare in maniera veloce un qualcosa che sarebbe potuto essere chiuso in brevissimo tempo per cavalcare l'onda post release con Microsoft.


La nostra (mia) decisione è stata quella di virare sul secondo scenario: si poteva avere e se non capite quanto avesse senso aziendalmente, perchè in un'azienda non si fanno le cose per sport, la questione si fa complicata. Abbiamo quindi allocato le risorse necessarie (un team di 5 persone) e abbiamo cominciato. Come volevasi dimostrare, partendo a marzo, a fine giugno avevamo in mano un prodotto per cui, in funzione di 1000 altri discorsi (le famose contingenze di cui sopra), abbiamo fatto delle richieste e siamo stati accontentati. Ho trovato un publisher, ho incassato dei soldi, ho messo al sicuro contestualmente i porting di NERO su PS4 e PC e dello stesso ENKI su PS4 e Xbox One. Siamo andati su Steam senza nessun Greenlight, siamo usciti. 15 mesi, due release e attività pianificate fino al Q2 2016. Questo significa avere un'azienda e fare videogiochi in un certo modo. Sopravvivere al primo progetto è la cosa che chiunque inizia dovrebbe porsi come obiettivo. Ovvio che tutto questo, naturalmente, non ha giustamente niente a che vedere con ciò che interessa a stampa e pubblico ma siccome ho letto in giro paio di titoloni relativamente all'italiano ENKI, forse sarebbe il caso di approcciarla in maniera un attimo diversa. Perchè magari Storm in a Teacup qui da noi (come accade all'estero) dovrebbe essere riconosciuta, spinta e ricordata più come il primo studio che ha fatto cose di un certo livello senza dire e fare le stronzate che tutti fanno, più che per quella inserita nella lista dei cattivi da Metacritic. E qui veniamo al secondo punto. Intanto, sul discorso Metacritic c'è un mondo da dire e pure di questo argomento, ho scritto più volte. Si potrebbe intanto, pensando sempre in un'ottica nostrana, considerare il fatto che su Metacritic giochi italiani non ce ne vanno troppi, per il semplice motivo che non se li caga nessuno.



Quindi ci arrivano tramite review di siti di casa nostra (quelli che hanno distrutto ENKI, che non era stato neanche inviato in certi casi ma immagino che per amore di completezza siano tutti andati a comprarlo stavolta, mentre NERO l'ho dovuto spedire) o attraverso un publisher. Solo che il publisher, in Italia, non ce l'ha nessuno. E quando intendo publisher parlo di uno che paga, di advance, di fiere, di marketing e in generale di denaro. Non di quello che ti mette su Steam e ciao, perchè su Steam, per dire, uno bravo ci va da solo senza problemi e senza passare per Greenlight solo che generalmente ha lavorato 2 anni gratis e non potendo finire il prodotto, sta disperato e vuole solo uscire. Anche se oggi la moda qui da noi è lanciarsi su Eppela a chiedere 18€ e un pacchetto di Tic Tac. Ma ne parliamo un'altra volta. Quanta arroganza. Anyway, tornando al punto: il problema non è il voto perchè un gioco può fare vomitare tranquillamente ed essere disintegrato ma tutto quello che ci gira intorno. Ho massacrato giochi di ogni tipo in tanti anni di redazione ma quando è successo, ho cercato di farlo tenendo a mente anche quelle cose che magari sfuggono ai più e che ho imparato a rispettare in tanti anni di lavoro. Faccio degli esempi, tanto per. A questo link c'è la review di Everyeye che ha messo il voto più basso delle 7 in elenco, un 3. Ci sono forse problemi? No. Perchè per dire, nel commento finale ci sono delle considerazioni di un certo tipo, condivisibili o meno ma che hanno un capo e una coda. Ci sono cose scritte in un certo modo e il messaggio del giudizio in questione è chiaro. E poi c'è il voto. Che poteva essere 1,2,5,6,29. Si potrebbe parlare per secoli di cosa è bello e cosa è brutto, del perchè e del per come. Ma il gusto resta qualcosa di assolutamente personale e per quanto possa essere sgradevole per uno sviluppatore, che il proprio prodotto non piaccia anzi, che faccia cagare, è una possibilità. Ci sono però delle cose che non sono accettabili, in assoluto, e con il voto non c'entrano niente.


Leggere cose tipo "progetto amatoriale di un gruppetto di studenti universitari" in questa recensione e trovarsi il quote a destra e sinistra, è semplicemente un insulto al lavoro delle persone e contemporaneamente un' apocalittica figura barbina di un bambino dalla sua cameretta, perchè evidentemente chi scrive non ha la più pallida idea di cosa significhi progetto amatoriale, argomentando poi con considerazioni tragicomiche tipo che "tutto sembra essere uscito direttamente da una console della scorsa generazione all’inizio del suo ciclo vitale". Cosa che sancisce anche una totale ignoranza in materia, per fortuna evidenziata urbi et orbi da più di un lettore anche perchè fare un gioco tecnicamente brutto con UE4 oggi non è possibile, neanche impegnandosi. Figuriamoci farne uno che somiglia a un prodotto del 2006. Basta tuttavia non sapere come erano nel 2006, i giochi, per mettere giù questa boiata. Relativamente al discorso crash e magagne varie: nessuno ha mai negato che ci fossero, non è possibile fare test per ogni configurazione al lancio. Per nessuno. ENKI è stato patchato più volte dal day one, per essere ottimizzato specialmente su alcuni sistemi (di fascia media) che davano problemi. Soedesco (il publisher) s'è impegnata nel correggere ciò che poteva essere corretto, sono state integrate le carte e apportate diverse migliorie. Imperdonabile, tuttavia. Però la patch da 19GB di Assassin's Creed al lancio, con le facce che spariscono non è poi un così grave problema. In fondo sono solo 70€. Chiudo la parentesi per non cadere in un whine perchè come dicevo, poi, in realtà le spiegazioni non dovrei di sicuro stare a darle io ma spero sia chiaro il punto relativamente a cosa può urtare un developer, che non è sicuramente un numero se motivato. Una recensione può essere devastante o meno, non ci piove. Mi piace pensare anche che valga lo stesso discorso per gli utenti, Metacritic per esempio, altro punto divertente di cui disquisire.



Dopo trollate varie e il fenomeno di giornata che accusasa gli sviluppatori di sabotare le user review del sito, c'è da fare ulteriore chiarezza, su alcune questioni. Primo: Metacritic in termini di business, sposta zero o comunque meno di quel che si pensi, per uno sviluppatore. Se non hai nessun accordo commerciale a monte, esci da solo e la stampa ti disintegra, può essere un problema. Se hai un publisher, per esempio, il problema (alle stesse condizioni) potrebbe essere il suo. Essere disintegrati significa poi avere un fiume di review negative, non averne 5 o 10. Essere disintegrati significa non vendere e niente di più. Tra l'altro ma stupirà sapere (una volta ancora) che chi acquista, nel 90% dei casi, non passa per Metacritic prima a vedere la media voto, tantomeno per la specializzata o per i forum dove si fa casino. C'è poi il discorso user, come dicevo: come spiegavo, vista la nostra dimensione di studio piccolo, abbiamo pensato non solo di tenerci lontani dall'aggregatore ma anche di scoraggiare amici e parenti nel lanciarsi in recensioni entusiastiche proprio per evitare problemi tipo "avete fatto da soli, sabotatori". Come spiegavo al fenomeno di cui sopra (che poi è Matteo Bordone, che amo molto quando va in TV e parla di anni '80 e di lettiere per gatti) non esiste al mondo uno sviluppatore che a fine lavoro non va a consigliare il prodotto su cui ha lavorato e non lo trovo sicuramente un sabotaggio. Non ho controllato chi dei ragazzi al lavoro ha postato cose e non c'è stato modo di farlo e mai ce ne sarà. Quel che è certo è che sulle 20000 review di The Witcher, i 10 del team sono passati inosservati, poco ma sicuro. Così come è poco ma sicuro che in CD Projekt e in qualsiasi altro studio, si sconsigli di andare e votare. Con un capolavoro o con un giochetto. Così come è poco ma sicuro che se la mia ex storica mette 10 a NERO e la sua amica del cuore pure, io davvero non posso farci niente.


Sugli utenti ci sarebbero da fare tantissime considerazioni. La prima è che, si, a loro di quello che c'è dietro, non frega giustamente nulla. Chi spende soldi per acquistare un videogioco di cosa c'è dietro ha il pieno diritto di sbattersene. La seconda è che chi fa casino, invece, resta una parte dell'utenza che non rappresenta, tuttavia, la sua interezza. Le discussioni da forum e da social, dovrebbero essere evitate come la peste dai developer e lasciate al posto loro. Paradossalmente, anche il flame più flame potrebbe costituire comunque un buon modo di ottenere visibilità. Di certo non è la discussione che si sviluppa su un network o su una pagina italiana a fare la differenza. Ricordo sorridendo le discussioni sulla localizzazione di NERO, tirata fuori in ogni review (che hanno fatto poi media con Metacritic). Imbarazzante. La faccenda, per concludere, è che in generale cercando di vederla da un punto di vista diverso, la situazione videogiochi è e resta sempre drammatica qui da noi: gli sviluppatori mancano e quelli che lavorano bene vengono messi al livello di quelli che tirano fuori mondezza nei tempi in cui si fa Fallout (ma ovviamente non si può dire). Di sviluppo parlano tutti, la nuova corrente è invece che chi non sa fare una mazza, si è buttato sul publishing (come se fosse facile). I giornalisti che non sono giornalai sono pochissimi e se quando scrivevo io si trattava di un circolino, oggi è ancora peggio, con l'aggravante che in più è fiorito un ecosistema di inutili figuri che non dovrebbero neanche parlare, figuriamoci avere una tastiera per scrivere. E poi c'è il pubblico, l'unico che ha delle giustificazioni e che non è nemmeno aiutato (da nessuno) quando non ce la fa. In tutto questo spero di non aver compromesso la posizione di NERO al Drago D'Oro, che dovrebbe vincere a mani basse vista la differenza di valore di produzione con qualsiasi altra cosa uscita nel 2015 qui da noi. Nel mentre il gioco ha cambiato nome e prezzo: ora si chiama N.E.R.O. (non voglio sapere perchè) e costa 9.99€ su Xbox One (e uscirà boxato a 30€ tra poco). Ve lo dico io perchè il sito di STC non è aggiornato da agosto (ultima news messa su da me) e su Facebook e Twitter vedo solo foto a caso senza nessuna comunicazione a riguardo.

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