LA STORIA DI BLADE RUNNER (N.3): I VIDEOGIOCHI



8 gennaio 2016: in questa data teoricamente nasceva Roy, il replicante modello Nexus 6 protagonista di Blade Runner. A qualche giorno dal lieto evento, torniamo a parlare della saga e dei videogiochi a lei dedicati.
Il primo della serie ad aver sfruttato il titolo del film è stato Blade Runner della CRL uscito nel 1985 per Spectrum e Commodore 64. Curioso notare come il gioco non avesse licenza della pellicola ma i diritti della soundtrack di Vangelis, tanto da essere sottotitolato con la dicitura "A videogame interpretation of the film score by Vangelis". Nel 1995 i Westwood Studios (prima di essere acquisiti e poi smantellati dalla EA), acquistarono i diritti (tranne quelli legati all'immagine di Harrison Ford) dalla Blade Runner Partnership per la creazione di un gioco ispirato proprio al film. Iniziò così lo sviluppo di un'avventura grafica con Louis Castle a capo del progetto. Il gioco riprendeva non solo ciò che era stato visto al cinema ma anche molti temi trattati nel libro, pur rimanendo legato nella parte concettuale al capolavoro di Ridley Scott. Fu pubblicato nel novembre del 1997 riscuotendo subito un grande successo. Quello che rese Blade Runner un'avventura speciale fu la sua natura quasi free roaming: prima che come un classico adventure infatti, fu bollato come simulatore di vita grazie ad una IA incredibilmente sviluppata e verosimile e all'altissimo numero di variabili con cui rapportarsi. Pur non avendo una struttura di dialoghi complessa come quella di una normale avventura, era possibile impostare tramite un apposito menù, lo stato d'animo con cui affrontare ogni discussione, nei panni di un umano o di un replicante, con la possibilità di intrecciare relazioni con quasi tutti i personaggi, spianando la strada ad una ventina di bivi ed altrettanti scenari. Un altro fattore che rendeva il gioco atipico per il suo genere, era la totale mancanza di un inventario, con al suo posto un computer portatile con cui potere rivedere gli indizi acquisiti, rendendo più verosimile l'esperienza,


Erano inoltre presenti tutti gli strumenti che Deckard usava nel film, come il test Voight Kampff e l'Esper, oltre ai cameo Gaff, Rachael e Tyrell. Anche in questo caso l'incipit della storia era la fuga di un gruppo di replicanti da uno shuttle extramondo, con il giocatore nei panni di Ray McCoy sulle loro tracce. Analogamente al film, lo scopo dei replicanti era quello di trovare il modo di annullare il limite dei 4 anni di longevità. Tanti anche i luoghi citati, ispirati dal libro. Tecnicamente il titolo si presentava in maniera splendida: gli scenari oltre a rappresentare perfettamente l'atmosfera del film erano animati in modo eccezionale, con illuminazione in real time e tante altre piccole chicche. Ciò rendeva ogni singolo livello uno spettacolo per gli occhi. Vedere la luce filtrare attraverso una ventola, illuminare in modo dinamico il protagonista rendeva l'impatto grafico estremamente realistico, rendendo in pieno la suggestione offerta dalla pellicola (pensiamo al Bradbury Hotel per esempio). Per realizzare i personaggi e gli oggetti fu usata la tecnologia Voxel Plus. Il Voxel sintetizzava le parole volume e pixel, rappresentando un valore di volume in uno spazio tridimensionale, simile al pixel usato in uno spazio 2D, ma con una matrice componente l'immagine spaziale. Questo permetteva di ricreare una struttura molto realistica che aveva forse come unico neo il perdere definizione con zoomate eccessive. Il punto di forza di questo sistema era invece quello di non necessitare di schede accelerate per giocare. Nel 1997, infatti, iniziavano a diffondersi le prime 3Dfx che molti utenti PC ricorderanno con grande nostalgia: le riviste specializzate quasi sempre comparavano le versioni software con quelle hardware con alcuni prodotti impossibili da giocare senza la giusta suite (chi si ricorda l’opzione farlocca in Monkey Island 3 alzi la mano!). Il risultato finale era veramente apprezzabile e pur girando ad una risoluzione di 640x480 il gioco ancora oggi non sfigura.



La cura riposta nello sviluppo non si vedeva solo sul versante tecnico, ma anche nelle componenti di contorno che erano curate in modo maniacale come ad esempio i titoli di testa o il primo filmato, praticamente identici al film. La colonna sonora fu affidata a Frank Klepacki che non avendo i diritti sulla colonna sonora di Vangelis, fece comunque un ottimo lavoro, tanto da ricreare alla perfezione l’atmosfera delle composizioni originali. Discorso a parte merita il doppiaggio realizzato dalla Synthesis con le voci originali degli attori principali del film, tra cui spiccano ancora oggi le stupende interpretazioni di Michele Gammino (Harrison Ford/McCoy) e Sandro Iovino (Rutger Hauer/Clovis). Forse il miglior doppiaggio di sempre per un videogioco. Blade Runner uscì in un periodo piuttosto caldo: quello stesso mese uscirono due colossi come Riven e Monkey Island 3. Nonostante questo, il gioco riuscì a imporsi come una delle migliori avventure di quell'anno, superata forse solo da Guybrush e soci. Se volete saperne di più, potete dare un'occhiata alle due parti precedenti di questo specialone. Qui per il libro, qui per il film.

3 comments:

  1. Ed essendo ancora il periodo della "50% mia" Synthesis, il commento che fai sul doppiaggio mi fa piacere. Blade Runner non meritava di meno.

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  2. Sai che avevo completamente rimosso? Non c'avevo pensato proprio :)

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  3. Prima di scrivere l'articolo avevo da poco ricompletato il gioco. Il doppiaggio è veramente ben fatto. Poi ho un debole per la voce di Gammino, sicuramente un'altra generazione di doppiatori.

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