IL FASCINO DELLE PAROLE INUTILI E QUELL'ODIO INCOMPRENSIBILE PER LE COSE SEMPLICI



"Il ghost produce un curioso anacronismo, un corto-circuito cronologico, una dissonanza epistemologica: presentificando una gara passata, giustappone due temporalità differenti, play e replay. Non si tratta tanto di un deja vu, quanto di un deja joué"
Un piccolo estratto di un articolo di Matteo Bittanti che potete trovare qui. In tre righe, due parole inventate e due parole superflue. Per spiegare cos'è il ghost nei racing game, come se fosse fisica quantistica. Piccolo disclaimer: io non è che ce l'ho con Bittanti, anzi. A suo modo, come più di qualcuno ha ricordato, ha spesso portato alla luce tematiche interessanti e questioni che sarebbero magari passate inosservate. Ma lo ha fatto in questo modo qui e si è arrivati a parlare di questa o quella tematica, proprio partendo dal suo stile. Stile, di questo si tratta, anche se la polemica ovviamente galoppa su Facebook dopo un paio di considerazioni fatte proprio leggendo l'articolo. Bittanti è così da 20 anni, ha costruito un personaggio, non si è mai tirato indietro. Quel che dico è che al netto del piacere o meno con il suo registro (che personalmente trovo comico dalla notte dei tempi), se l'idea è quella di divulgare, il fallimento è totale. Se si tratta (come qualcuno pensa) di dare un tono accademico al discorso videogiochi, siamo come quando si deve parlare della materia come di arte ad ogni costo. Onestamente, se parliamo di spiegare cose al popolo, penso che partire dalla base sia sempre la soluzione migliore. Quando vai a scuola calcio ti fanno palleggiare e ti dicono che non devi mai fare i passaggi in orizzontale. Non cominci con la rovesciata. L'Italia è così: abbiamo le fiere per gli sviluppatori, senza avere l'industria dello sviluppo. Abbiamo i panel di gente che spiega cose, senza aver fatto cose. Abbiamo Bittanti che parla di di dissonanza epistemologica, quando il videogiocatore medio non conosce la differenza tra un genere e l'altro e il giornalista medio non sa usare la punteggiatura e coniugare i verbi a modo.


Le discussioni come questa, vanno bene per i social, dove tutto assume una dimensione alla N con i fanboy schierati come quando esce un gioco per PS4 che è meglio della versione One. Mi son trovato impelagato in discussioni dove, oh, in fondo è una lettura leggera e comprensibile per tutti ma forse sono io che ho un'idea di semplicità un po' diversa, che ne so. Quando insegno, mi piace vedere la gente capire quel che dico, non mi piace che si faccia le pugnette su quel che dico. Ho visto paragoni con questo e quello, come se chiamare in causa Bogost nel suo environment a Bittanti in Italia sia la stessa cosa. Ho visto la solita inutile necessità di dare una dimensione al videogioco che non solo in questo momento non è necessaria ma è pure controproducente, mentre all'indomani della Games Week arrivano i soliti millemila articoli tutti uguali che titolano "La riscossa dei videogiochi italiani" o ancora "L'anno degli italiani". Articoli che escono da che ho memoria, dove cambia solo l'elenco dei prodotti all'interno e l'entusiasmo di chi approccia l'argomento senza sapere che in realtà non cambierà proprio una mazza e sicuramente non perchè c'è la fiera con lo showcase dove va gente che quei giochi non li acquisterà mai (diciamo che ogni 20.000 download qui arriviamo a 200 forse...sarà colpa della localizzazione). Insomma: "L'approccio programmatico estrinseca la puntuale corrispondenza fra obiettivi e risorse in una visione organica e ricondotta ad unità, ipotizzando e perseguendo quale sua premessa indispensabile e condizionante una congrua flessibilità delle strutture". Questo è il mio pensiero. Maturato utilizzando il generatore di frasi inutili a questo indirizzo. Salvatelo che un domani se vi invitassero da qualche parte per uno speech, magari riuscite a darvi un tono anche se il tema è "Il ruolo del petto di pollo nella genesi di FIFA".

1 comment:

  1. Mi rendo conto che l'articolo è di un anno fa, per cui il commento lascia il tempo che trova; ci sono capitato per caso.

    L'articolo di Link che hai link(ato) e nel contempo estrapolato commettendo cherry-picking, trae molto da uno degli ultimi saggi di Bittanti, Orizzonti di Forza. Ne la collana Ludologica, ne il sito, ne l'articolo in sè si propongono di fare divulgazione. Bittanti da quanto so non ha social, ha una presenza sporadica su Twitter, non gestisce un blog; dove sarebbe - per altro nel clima attuale di anti-intellettualismo - la costruzione di un personaggio?

    Non vedo dove sia il "vantaggio"; mi appare invece evidente che si tratti di un lavoro di ricerca slegato dal videogioco, che abbraccia più campi e più materie, destinato a un pubblico accademico, di addetti e/o appassionati del mestiere.

    Tralasciando l'umano risentimento che permea l'articolo - "scrive in maniera difficile, quindi mi sta antipatico" - tanto l'articolo quanto Orizzonti di Forza abbracciano e discutono l'oggetto automobile nella cultura americana o più genericamente occidentale. Non è un saggio - o nel caso in questione un articolo - solo e soltanto sui videogiochi; è una riflessione (anche politica) di ampio respiro, nel campo della divagazione filosofica, non del giornalismo videoludico dove "è gratis e fa pure figo!".

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