I VIDEOGIOCHI NON SONO FILM. LO DICE ANCHE WARREN SPECTOR



Ci sono questioni nel mondo dei videogiochi, scomode da sollevare. Ciclicamente comunque, qualcuno che si lancia c'è ma le scuole di pensiero contrapposte, finiranno per darsi battaglia nei secoli come Hokuto e Nanto, senza venirne mai a capo. Parliamo delle solite storie sulla natura del medium videogioco e delle sue contaminazioni. Di videogiochi che diventano film e di film che diventano videogiochi. E di tutta una serie di altri scenari.
Chi legge il mio blog e magari mi ha sentito parlare qui e lì nel corso degli anni, sa bene come la penso. Il videogioco non è come gli altri media. Il videogioco ha un suo linguaggio, si, simile ad altri ma ha dalla sua l'interattività che mancava alla radio, al cinema, alla TV e via dicendo. Il videogioco a mio modo di vedere non deve snaturarsi e non deve cercare di diventare altro. Questo anche perchè, oggi, anche a causa di alcuni limiti tecnologici, fallirebbe. La migliore sceneggiatura di uno dei migliori prodotti del genere, privata della componente interattiva, non si reggerebbe mai in piedi da sola senza rompere le palle. C'è poco da fare. Solitamente la discussione vira poi verso i discorsi sull'arte, che finiscono per sfociare in inutili pippe mentali da chi a mio modo di vedere, spesso, perde di mira un po' anche un altro punto importante che è il tipo di intrattenimento che si va a cercare. C'è da dire, parlando da sviluppatore, che questo tipo di giochi offre diversi vantaggi in termini di comunicazione, quindi il boom del genere (quale?) è stato favorito anche da una serie di questioni pratiche legate proprio al development. NERO per esempio, che è comunque nato come una sorta di Myst con puzzle da risolvere ed esplorazione degli ambienti, è stato comunque posizionato come una visual novel di nuova generazione, consentendomi di focalizzare l'attenzione su tutto ciò che c'era oltre il gioco stesso. L'idea era seguire Journey (che io detesto), che è forse uno dei più grossi capolavori di marketing e PR mai partoriti: quando riesci a creare due schieramenti che dalla stessa avventura tirano fuori esperienze contrapposte, hai vinto.


Tutto questo lungo cappello tuttavia, serviva a introdurre una riflessione di Warren Spector arrivata giusto ieri allo speech di apertura del PAX 2015, in riferimento ad aspetti più legati al design in realtà, ma comunque attinenti al discorso di cui sopra. Spector ha detto più o meno queste cose: "Non che giochi come Uncharted, The Walking Dead o Heavy Rain siano brutti ma limitano le possibilità di interazione del giocatore, così la storia può svilupparsi nel modo in cui è stata pensata. Si tratta semplicemente di azioni da compiere in un percorso con pochissima possibilità di scelta, per raggiungere il prossimo step. Sarà certamente un’ottima storia, migliore di qualunque storia che potrei creare in un gioco, ma non sarà mai la storia del giocatore". Spector ha poi portato Skyrim come sample da seguire in questo senso (dimenticandosi di dire che, si, Heavy Rain fa proprio cagare). Insomma: più giochi, meno pippe mentali. Senza perdere di vista il vero obiettivo (il divertimento), da raggiungere con l'unico vero strumento che differenzia noi da tutti gli altri (l'interattività).

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