PAURA E DELIRIO A LAS VEGAS: MIDWAY GAMERS DAY E TRAGEDIE VARIE



Secondo giorno di coma a casa, nonostante alla fine ieri abbia lavorato più da qui che negli ultimi tempi in ufficio. Riprendere la cognizione del tempo è già un casino, tornando da Sin City la fatica raddoppia. Si perchè Las Vegas è un posto veramente allucinante, sotto tutti i punti di vista.
In realtà la città è una cagata immonda, non c'è praticamente niente d'altro che casinò, alberghi di lusso e puttane simpatiche signorine svestite in ogni dove. Per il resto si tratta di un agglomerato di edifici nel mezzo del niente, così come da progetto originale. Certo, quando si è li ufficialmente per lavoro e non ci si rende conto di quel che si spende poi, tutto sembra più bello in ogni caso.
Cominciamo proprio da li allora, visto che di videogiochi si parla. Il Gamers Day di Midway, il primo da PR, è andato molto molto bene. L'evento è andato via liscio, i giochi presentati hanno fatto tutti la loro porca figura e per fortuna sono stato tra i pochi nel mondo (anzi, direi l'unico) ad aver portato all'evento ben 3 copertine, ricevendo una bella dose di complimenti dalle alte sfere del gruppo (da Mark Rein, da Alex Offerman e da Ed Boon che, posso dire finalmente con certezza, non porta il parrucchino ma ha proprio i capelli con il buco nel mezzo. In tutto questo, son riuscito a strappare anche un extra coverage imprevisto (con Multiplayer), grazie alla presenza di Elisa Di Fiore (amica ed ex collega su PlayStation Magazine Ufficiale e Game Republic), arrivata a Vegas con il mitico Sterling di Gamespy con cui abbiamo fatto bagordi per un paio di giorni. Si perchè alla fine, fatta eccezione per il 25 dalle 4 del pomeriggio alle 6 del mattino, siamo stati completamente liberi di girare, tanto che la decisione di affittarci una bella macchinina è scattata in automatico dopo aver esplorato la strip in lungo e in largo dal Mandalay fino al Cesars Palace per intenderci.


Ecco quindi la scelta entusiasmante di fare una scappatella in California, destinazione Death Valley, per vedere come ci si sente a stare nel mezzo del nulla, con la consapevolezza che bucare una gomma significa crepare. Si perchè dopo 300 e passa miglia, quello che si ha intorno è esattamente questo: il nulla. C'è una strada avanti e dietro e piane sconfinate di sale tutto intorno. Non un rumore, non un animale: un cazzo di niente a 360°. Devo dire che la pisciatina sui cristalli ha avuto il suo perchè, così come il transito nel passaggio degli artisti, in cui è possibile vedere rocce di 15 colori differenti, causati dalla decomposizione di funghi di vario genere. Insomma, una cosa da vedere una volta nella vita, come Capo Nord tanto per dire, che ti lascia qualcosa dentro. Sulla via del ritorno poi, sensazionale pasto nel locale più trash del confine con il Nevada, un buco sporco e maleodorante (ma di un fascino irresistibile) alle porte della metropoli Shoshone (100 abitanti circa), sulle cui pareti abbiamo potuto ammirare dozzine di messaggi dei soliti italiani, con i gettonatissimi campioni del mondo e forza Sampdoria/Roma/Bari/Parma/Milan in bella vista tra i copricapi indiani dei nativi della regione. Morale della favola: dalle 10 del mattino, orario di partenza, abbiamo fatto ritorno in stanza alle 9 di sera, spappolati in tutti i sensi e con la benzina al limite (il pieno, 25$...poi ti chiedi perchè girano tutti con le Viper...). Sonno? Chiaro, ma a Sin City non si dorme mai, quindi abbiamo ricominciato il giro per casinò, evitando accuratamente il passaggio allo Stratosphere, un locale al piano 108 di un grattacielo, dove gli avventori vengono invitati cordialmente a poggiare il culo su un seggiolino sparato nel vuoto a 200 e passa metri di altezza. Li ho preferito dormire, prima della fantastica quest di rientro che adesso vi racconto.



Non andate mai negli USA con la Delta, veramente. Viaggio di andata in un aereo sporco, caldo e sovraffollato. 10 ore di odissea senza neppure un monitor a testa (solo degli scassatissimi 14" appesi al soffitto e con i colori sfasati). Arrivo ad Atlanta e cambio per Las Vegas su una carretta piena di fottuti obesi sudati. Sembrava di stare sul regionale per Porta Garibaldi che passa a Varese. Altre 4 ore di sbattimento senza poter neppure reclinare un po' il sedile. Vabbè, morale della favola, arrivo a Sin City in orario ma con il fisico ridotto a una specie di melma. Tutto questo accadeva il 24/1 ma passo direttamente al 28/1 e all'odissea del ritorno. Di Las Vegas, di Midway e del Gamers Day, dei giochi e delle puttane simpatiche signorine svestite (tante, pure troppe) vi ho già detto. Ma qui entriamo nella fantascienza.  Dicevo...domenica mattina, rientro in Italia. Tratta prevista: Las Vegas/Atlanta/Malpensa. Cominciamo subito col perdere 30 minuti nel cercare il fottuto parcheggio per riportare la macchina affittata il giorno prima. Arrivo in aereoporto in volata, check-in. Solito aereo scaciatissimo ma vabbè al ritorno ci si mette un'ora di meno penso. Saliamo, decolliamo, mi accascio. Mi sveglio di soprassalto mentre l'hostess al microfono dice queste testuali parole: "emergency landing needed, hope in your cooperation". Tempo di pensare quelle due o tre cose che passano per il cervello prima di crepare, ho realizzato che in realtà erano tutti troppo calmi per una situazione del genere. Ecco quindi che scorgo un capannello di persone vicino al cesso, con una flebo attaccata a una stampella. Morale della favola: un passeggero colto da infarto, doveva essere scaricato as soon as possible La cosa divertente è che ci hanno fatto atterrare in New Mexico in una base militare nascosta tra F16, F18 e B52. Siamo rimasti 3 ore sotto il sole rovente del deserto senza aria condizionata prima di decollare, con i militari che ispezionavano l'aereo. Coincidenza persa, ed eccoci in Georgia alla ricerca di un passaggio per l'Europa. Ci piazzano in stand-by per un volo Air France, destinazione Parigi. Il rischio è che i fottuti francesi non ci accettino a bordo. Per fortuna, mossi a compassione, ci imbarcano e il viaggio va anche via liscio, visto che potendomi sbracare nell'aereo vuoto, mi son praticamente svegliato che eravamo già sopra l'Irlanda. Nel pomeriggio finalmente, ultima sfacchinata ed eccomi a Malpensa. Finita direte voi. Ovviamente no: 1 ora in fila con il taxi, causa incidente a Varese. Arrivo sotto casa e il pirla non prende la carta di credito. Trattativa snervante, poi tutto risolto. In sintesi: da Las Vegas a Malpensa 30 ore e 5 scali. E vai così Alberto.

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