[SERIE REVIEW] AMERICAN HORROR STORY: MURDER HOUSE (S.1)



Missione backlog in progress anche su Sky e Netflix, con il recupero di una serie che in verità, in una vita precedente, avevo quasi finito di vedere e che ho terminato giusto ieri, essendo rimasto giusto con una TV e un decoder nella magione romana.
American Horror Story è arrivata alla 5° stagione e un motivo evidentemente c'è: a detta di molti, resta una figata spaziale sin da quando, qualche anno fa (2011), ha esordito con i primi 12 episodi di cui avevo voglia di scrivere giusto ora. American Horror Story è una follia, un malato e disordinato susseguirsi di eventi paranormali legati a una casa posseduta e a una famiglia americana tipo, protagonista di script di questo genere: lei milfona tradita con aborto alle spalle, lui psicologo puttaniere, figlia disadattata un po' darkettona un po' genio che si spostano dalla città per andare a ricucirsi una vita a modo un po' in periferia. Che se una casa vale il quadruplo del prezzo che poi effettivamente paghi, nella vita reale, due domande te le fai mentre al cinema e sul piccolo schermo, no, sennò come si fa? Comunque, la famiglia Harmon ci prova e Ben (lui), Vivien (lei) e Violet (la giovinastra) scoprono a breve giro di non essere soli ma di dover condividere gli spazi con tutti i precedenti inquilini schiattati e  non: una coppia di giovani ricchioni gay, la vicina Constance e relativa progenie, la domestica Moira in doppia versione vecchiadimmerda per le donne, pheegatomica per gli uomini e svariati altri. Sostanzialmente stirare le zampe nella casa in qualche modo, costringe questi spiriti in un limbo dandogli tuttavia la possibilità di apparire reali all'interno delle quattro mura, rivendicando tra l'altro cose tipo la proprietà della baracca. Il vero protagonista è Tate, simpatico adolescente responsabile di una strage in una scuola, innamorato di Violet ma anche responsabile, nel suo stato di trapassato, di tutti i successivi delitti che hanno bindato per sempre variopinti personaggi all'apparentemente deliziosa residenza losangelina.



Le varie storie dei protagonisti finiranno dunque per intrecciarsi a cavallo tra gli anni '40 e i giorni nostri, tra dialoghi surreali, spiritismo, tresche amorose, scene sanguinolente e una trama apparentemente senza senso che verrà poi sviscerata fino ad arrivare a un finale in realtà un po' tirato che chiude il discorso famigliare con un criterio ma lascia aperte un paio di questioni più importanti tipo la fine del mondo, l'anticristo e via dicendo. Una sorta di Civil War tra defunti, divisi tra vittime e carnefici intenzionati a proteggere nuove ignare coppie determinate al trasferimento ad ogni nuovo ciclo (i primi) o a far soffrire indicibili pene per poi arricchire il roster di presenze per il futuro (i secondi). Peccato che in realtà la chiusura faccia solamente intuire questo spunto potenzialmente interessante, dando comunque alla stagione il suo perchè prima del cambio radicale verso Asylum (stessi attori, tutto diverso) che andrò a spararmi giusto ora. Consigliatissimo.

VOTO 8/10

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