SLAVE TO THE MACHINE (N.1): I GIOCHI DI MERDA SONO GIOCHI DI MERDA A PRESCINDERE DA COME LI CHIAMATE



Dove eravamo rimasti? Ah si, i fumetti e la grande idea di inventarsi delle definizioni serie. E' vero che, come giustamente fanno notare alcuni di voi, le cose non sono cambiate poi così tanto per i fumettisti, ma se un gioco in cui liberate un lager viene visto sempre e comunque come un gioco, un fumetto sull'olocausto avrà sempre maggiori possibilità di mettere d'accordo pubblico e critica.
Ignorate le trame infantili, la giovinezza del mercato e mille altri problemi strutturali e culturali ed ecco spuntare il vero colpevole: il nome. Perché, diciamocelo, quel giochi finale ci riporta tutti nella stanzetta disordinata di un bamboccio brufoloso con le mani gusto sottopalla, che cerca di battere l'ultimo record. Non nel salotto di un trentenne che lavora, magari convive, che si gode il finale dell'ultimo Metal Gear. E allora ogni tanto ecco che salta fuori una nuova classificazione, prontamente seppellita da una valanga di sputi e risate. Ecco quindi chi si inventa le robe multimediali interattive. Un'etichetta che, a parer mio, centra pienamente il bersaglio: è pomposa, artefatta e ridicolmente formale. Come quando chiamiamo lo spazzino operatore ecologico e il cieco ipovedente. O le zoccole escort. Figuratevi che c'hanno fatto pure il corso di laurea, così la gente invece di ridere prima di entrare in aula lo fa subito dopo, quando si rende conto che non solo si parlava di videogiochi, ma a farlo era qualcuno che si vergognava di chiamarli così o che cercava semplicemente di darsi un tono. Il cieco smette di battere contro i lampioni se gli cambiate nome? Lo spazzino improvvisamente diventa capitano d'industria? La zoccola diventa un personaggio di spettacolo rispettabile? Questa si, ma fa niente. E allora? Quello che questa gente non capisce è che così facendo rende ancora più evidente il sentimento di inadeguatezza di cui parlavamo la volta scorsa. E mentre qualcuno gioca a fare il serio (cercando pure di farci un business fregando i poveri fessi che gli danno retta), il resto del mondo gli ride dietro come si prende per il culo quelli che si fanno i curriculum pettinati, poi si scopre che lavorano al call center (con tutto il rispetto per chi fa questa terribile professione). Il tutto con l'unico risultato di rendere ancora più profondo il fossato che separa i videogiochi dalle altre forme di espressione. Perché tanto, potete girarci intorno quanto volete, ma esistono solo due generi di giochi: i bei giochi ed i giochi di merda. Ma di questo magari parliamo la prossima volta eh?

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